Standard GDO

La Grande Distribuzione Organizzata (G.D.O.) costituisce il principale mercato di riferimento per le aziende della trasformazione alimentare.

Proprio la G.D.O, di fronte alle innumerevoli certificazioni, sigle e marchi di riferimento ha introdotto propri standard qualitativi cui le aziende agricole o di trasformazione possono aderire, sottoponendosi a stretti quanto rigorosi controlli.

Gli standard qualitativi sono i seguenti:

  • Protocollo G.A.P.;
  • Standard B.R.C.;
  • Standard I.F.S.

IL PROTOCOLLO G.A.P. – GOOD AGRICOLTURE PRACTICE

Il Protocollo G.A.P. è un vero e proprio “decalogo” definito dall’Euro Retailer Produce Working Group (EUREP), l’associazione dei maggiori distributori europei.

In esso sono stabiliti i requisiti che il produttore agricolo deve rispettare per garantire una produzione con standard qualitativi, ritenuti validi ed accettati dalle grandi catene commerciali.

I requisiti si riferiscono alle varie fasi che caratterizzano il lavoro e le attività svolte dall’agricoltore: scelta e rotazione dei terreni, utilizzo di fertilizzanti e prodotti antiparassitari, sistemi di irrigazione, sistemi di raccolta, movimentazione e conservazione del prodotto, sicurezza degli operatori, ecc., individuando così, per taluni settori del comparto agricolo, regole comuni al fine di garantire uno standard qualitativo unico per le diverse produzioni.

Ad oggi, il Protocollo G.A.P. più diffuso è quello per il settore frutta e ortaggi, sebbene ne esista uno anche per il settore dell’allevamento (bovini, ovicaprini, suini, pollame), dell’acquacoltura, dei fiori recisi e delle piante ornamentali, nonché per le attività di stalla (mungitura e conservazione del latte).

Il protocollo G.A.P. vale in maniera trasversale per tutte le produzioni di uno specifico settore (ortaggi e frutta fresca, acquacoltura, carne, ecc.), indipendentemente dalla specificità legata al metodo di produzione (es. biologico) o all’origine della materia prima (D.O.P., I.G.P., S.T.G.). Il Protocollo G.A.P. nasce quindi con lo scopo di stabilire un “Modus operandi” comune per la coltivazione dei prodotti agricoli, più rispondente alle moderne esigenze dell’agricoltura sostenibile.

Lo schema di protocollo prevede in primis la certificazione dell’azienda agricola da parte di un Organismo indipendente, accreditato secondo la norma ISO 17065 (stabilisce i requisiti internazionali che devono essere rispettati dagli Organismi di certificazione di prodotto). Oltre al rispetto della predetta norma, l’Organismo di controllo deve essere autorizzato da una commissione interna all’EUREP.

Gli Assi principali su cui si basa il Protocollo G.A.P. sono i seguenti:

  • utilizzo di tecniche riconosciute di lotta integrata;
  • adozione di specifiche tecniche agronomiche rispettose dell’ambiente;
  • cura degli aspetti igienici nella manipolazione dei prodotti alimentari;
  • rispetto dei requisiti generali per la salute e la sicurezza dei lavoratori agricoli.

Il Protocollo G.A.P. prevede la verifica, direttamente presso l’azienda agricola, di specifici obblighi in materia di:

  • rintracciabilità dei prodotti;
  • registrazione delle operazioni aziendali;
  • rispetto delle normative riguardo agli Organismi geneticamente modificati (O.g.m.);
  • ubicazioni aziendali e rotazioni colturali;
  • scelta ed utilizzo dei fertilizzanti;
  • difesa fitosanitaria integrata, delle colture;
  • modalità di raccolta ed immagazzinamento delle produzioni;
  • trattamenti post raccolta;
  • gestione degli scarti e dei rifiuti aziendali;
  • formazione e sicurezza degli operatori;
  • gestione delle segnalazioni e dei reclami;
  • gestione di Audit interni (verifiche).

Il Protocollo G.A.P. prevede due modalità di certificazione: per la singola azienda agricola e per gruppi di aziende agricole tra loro associate.

In quest’ultimo caso è richiesta da parte dell’Organismo di controllo la disponibilità di uno specifico disciplinare tecnico ove devono essere riportati gli elementi del sistema qualità attraverso i quali il soggetto di riferimento (cooperativa, consorzio o altra forma associativa), gestisce e coordina tutte le aziende agricole aderenti.

GLI STANDARD B.R.C. e I.F.S.

Il Protocollo G.A.P. non costituisce l’unico standard di riferimento riconosciuto dalla G.D.O. per le aziende agricole, singole o associate. Quest’ultime infatti, se vendono prodotti alimentari trasformati sul mercato inglese e più in generale sui mercati europei, debbono rispondere ai requisiti degli Standard B.R.C. e I.F.S.

Elaborati dalle principali associazioni di distributori inglesi, B.R.C. (British Retail Consortium) e tedesche, I.F.S. (International Food Standard), definiscono i requisiti qualitativi a cui devono uniformarsi i fornitori di prodotti alimentari (aziende di trasformazione) per accedere ai rispettivi mercati nel caso di vendita di “prodotti a marchio”, ossia nei casi in cui è direttamente il distributore che, sotto la propria responsabilità, appone il proprio marchio sul prodotto.

La logica dello Standard B.R.C. e dello Standard I.F.S., a differenza dei soggetti destinatari, è la medesima del Protocollo G.A.P., ossia: stabilire requisiti qualitativi comuni tra più possibili produttori/trasformatori al fine di garantire, con ragionevole certezza, costanza ed uniformità qualitativa del prodotto coltivato, trasformato e venduto.

Lo Standard B.R.C. prevede, a carico dell’azienda di trasformazione fornitrice:

  • l’attuazione di un sistema di autocontrollo igienico h.a.c.c.p.;
  • l’attuazione di un sistema di gestione della qualità;
  • il rispetto delle normative ambientali
  • l’attuazione di un piano di controllo prodotto/processo;
  • la periodica formazione e addestramento del personale.

Lo Standard B.R.C. prevede due tipologie di certificato: Foundation level (livello base) o Higher level (livello superiore), rilasciato in base alle esigenze dell’organizzazione ed alla capacità di quest’ultima di implementare in maniera efficace il Technical standard B.R.C..

I rapporti di verifica rilasciati dall’Organismo di certificazione descrivono accuratamente le performance aziendali, evidenziando i processi critici dell’organizzazione verificata, permettendo così all’operatore della filiera di valutare l’affidabilità dei potenziali fornitori.

Lo Standard I.F.S. prevede, a carico dell’azienda di trasformazione fornitrice:

  • la gestione della qualità (include l’h.a.c.c.p.)
  • la gestione delle risorse (umane e tecnologiche);
  • la gestione dei processi produttivi tramite specifiche procedure;
  • la definizione di un sistema di monitoraggio e controllo dei processi.

Anche lo Standard I.F.S. prevede due tipologie di certificazione: il livello base ed il livello avanzato.

A differenza della certificazione B.R.C., il livello di certificazione non costituisce una libera scelta dell’azienda, ma è il risultato delle attività di verifica del grado di rispetto dei requisiti dello standard di riferimento.

Il risultato finale è ottenuto attraverso un sistema di punteggi e l’esito è determinato in funzione della percentuale raggiunta dall’azienda verificata (75% dei requisiti base per il livello base; 90% dei requisiti base e 70% dei requisiti avanzati per il livello avanzato).

L’ottenimento delle suddette certificazioni valorizza l’attività intrapresa da produttori e distributori, nello sforzo di portare valore aggiunto, sia nei confronti del consumatore (in termini di maggiori garanzie circa le specifiche qualità del prodotto), sia nei confronti del produttore (in termini di maggiore remunerazione del prodotto venduto o conferito, oppure in termini di “vantaggio competitivo” di accedere a specifici mercati).


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